Attualmente, il dio Dioniso è automaticamente associato al vino, all’ubriachezza e alla follia. Tuttavia, nelle sue origini, era una divinità associata alla rinascita della vita, all’entusiasmo e ai misteri. Le sue origini sono incerte, poiché sebbene i greci stessi lo considerino una divinità straniera, giunta da qualche luogo dell’Anatolia o della Libia, diverse prove lo collegano alla cultura ellenica sin dai tempi micenei, dove compare menzionato in tavolette come “DI-WO-NI-SO-JO”, e persino le sue origini possono essere rintracciate nella Creta minoica. Ad ogni modo, Dioniso appare come una divinità civilizzatrice e viaggiatrice, percorrendo il mondo conosciuto dai greci, dalla lontana India, all’Egitto e all’Anatolia fino alla penisola ellenica, insegnando agli uomini l’agricoltura, la coltivazione della vite e la sua bevanda, il vino, e istituendo strani rituali misterici.
Miti di Dioniso
L’origine del nome di Dioniso è incerta; di solito viene tradotto come “Zeus di Nysa” (il genitivo di Zeus è “Díos”), con Nysa che è o una ninfa che lo allevò quando era bambino o la montagna dove trascorse la sua infanzia. Esistono diversi miti sulla sua nascita, ma tutti hanno in comune la sua origine semidivina come figlio di Zeus e una donna mortale, Semele, e la sua condizione di “nato due volte”.
Secondo uno di questi miti, Semele, incitata da Era, chiede a Zeus di apparirle nella sua piena maestà. Tuttavia, non può sopportare la vista del dio e muore. Zeus estrae quindi Dioniso dal ventre di Semele e lo introduce nella sua coscia fino al completamento della sua gestazione, da cui nascerà infine.
Secondo un altro mito, Era distrae Dioniso da bambino con dei giochi e invia i Titani contro di lui; essi lo smembrano e Rea, la madre di Zeus, trova i pezzi e li fa rinascere bollendoli in un calderone. In questa storia compaiono elementi legati ai misteri orfici che ricordano la mitologia egizia, con la resurrezione di un dio smembrato (come Osiride) e persino il simbolo del calderone, che ricorda il calderone magico dei Celti, attraverso il quale veniva effettuato un viaggio nell’aldilà e la successiva rinascita. Questo legame appare anche nei miti del viaggio di Dioniso negli Inferi per reclamare sua madre Semele.
Si può vedere quindi il legame di Dioniso con la rinascita della vita dopo la morte. Sono molto evidenti gli elementi comuni che la cerimonia cristiana della messa ha con il culto di Dioniso e Osiride, in uno si collega la rinascita con il vino, nell’altro si rappresentava lo smembramento con la distribuzione di un pane sacro. I misteri di Dioniso, attribuiti a Orfeo, dovevano indurre i partecipanti a unirsi con il Dio attraverso l’entusiasmo, una parola che deriva da “en-théos” (Dio dentro). Nel corso del tempo, tuttavia, i riti (gli orgiai o le bacchanali) si sono deteriorati e degenerati, distorcendo la loro immagine fino ai nostri giorni come festini sfrenati che sfociavano in ubriachezza e sesso di gruppo.
Questa stessa distorsione è avvenuta anche con la figura stessa di Dioniso, che è diventato un dio barbuto, maturo, vestito con pelli di leopardo (simili a quelle indossate dai sacerdoti egizi), fino alle immagini che ci sono giunte fino ad oggi di un giovane imberbe con segni di ubriachezza.
Dioniso nell’arte arcaica
Come accennato in precedenza, l’immagine di Dioniso è cambiata notevolmente, seguendo lo stesso processo di “ringiovanimento” che hanno subito altre divinità, come Hermes.
Gli attributi associati a Dioniso erano la corona di foglie di vite, talvolta accompagnata da grappoli d’uva, il thyrso, un bastone con edera avvolta coronato da una pigna, la pelle di capra, volpe, pantera o leopardo come abbigliamento, accompagnato da un seguito di satiri, centauri, sileni, ninfe e menadi. Gli animali associati a lui erano il serpente, il toro, il leopardo e la pantera, e questi animali venivano spesso raffigurati a trainare il suo carro.
Nell’epoca arcaica (VI secolo a.C. – inizio V secolo a.C.), veniva raffigurato in ceramica come un uomo maturo, barbuto e con lunghi capelli, coronato da una ghirlanda d’edera. Una delle immagini più famose è quella di Dioniso disteso su una barca con una vite avvolta attorno all’albero maestro e dei delfini. Questa immagine fa riferimento a un mito che narra il rapimento di Dioniso da parte dei pirati; il dio fece crescere una vite sulla barca e fece apparire animali vari, spaventando i pirati che si gettarono in mare e furono trasformati in delfini.
Era spesso raffigurato accanto a Sileno, il suo mentore, e accanto a satiri e centauri, creature con zoccoli di capra o di cavallo, spiriti dei boschi.
Dioniso nell’arte classica, ellenistica e romana
La metamorfosi di Dioniso ebbe luogo durante l’epoca classica e ellenistica, estendendosi fino all’arte romana. Di questo periodo è famosa la scultura di Prassitele raffigurante Hermes con il giovane Dioniso, in cui il messaggero dell’Olimpo avrebbe probabilmente tenuto in mano destra un grappolo d’uva che il giovane Dioniso avrebbe cercato di afferrare.
Le rappresentazioni successive abbandonarono l’aspetto del dio barbuto, apparso invece come un giovane imberbe con i suoi attributi tipici, fatta eccezione per una statua ellenistico-romana chiamata Dioniso-Sardanapalo, che nel XVIII secolo fu erroneamente attribuita a una rappresentazione del re assiro. I romani adottarono Dioniso con il nome di Bacco, derivato da uno dei suoi soprannomi, Baccho, e lo associarono al dio romano Liber, rappresentandolo come il dio dell’ubriachezza in numerosi mosaici e dipinti.
Tra le opere più significative si possono menzionare i dipinti della cosiddetta Villa dei Misteri a Pompei. In questa casa sono stati scoperti murales molto ben conservati che raffigurano l’iniziazione di una giovane ai misteri di Dioniso. In essi sono visibili le fasi di preparazione, guidate dalle sacerdotesse, e le epifanie o apparizioni delle divinità, sia dei satiri del seguito di Dioniso che dello stesso Dioniso, rappresentato insieme alla sua sposa Arianna (figlia del re Minosse, con cui si sposò dopo averla trovata su un’isola, abbandonata da Teseo), che domina la parte centrale dell’ambiente con il suo thyrsos. Sono scene strane e suggestive di riti il cui significato principale ci sfugge, in cui traspare il timore per il sacro e la liberazione da tale timore grazie alla rivelazione della divinità.
Arte rinascimentale e barocca
Dopo un lungo e oscuro periodo nel Medioevo, nel XV secolo, grazie all’impulso delle scuole neoplatoniche, si cominciò a recuperare la cultura greco-romana. Diventarono di moda gli scavi “archeologici” e il collezionismo di opere antiche ispirò i grandi artisti italiani, e gli dei e gli eroi greci tornarono a popolare l’iconografia europea.
Nietzsche contrappose la figura di Apollo e Dioniso, con il primo rappresentante dell’equilibrio e dell’armonia serena, e il secondo dell’eccesso e della forza incontenibile. Questa comparazione può servire a stabilire un parallelo con il Rinascimento e il movimento artistico successivo, il Barocco. Tutto ciò che nell’arte rinascimentale era serenità ed equilibrio si trasformò nell’arte barocca in movimento, emozione e passione. Forse è per questo che Dioniso è uno dei dei preferiti dell’arte barocca, associato al vino, all’estasi e all’ubriachezza.
Tra le sue rappresentazioni possiamo evidenziare quelle di tre grandi maestri della pittura: Velázquez, Caravaggio e Rubens. Nel caso di Velázquez, c’è il dipinto “Gli ubriachi o il trionfo di Bacco”, in cui il dio è circondato da personaggi del popolo, che, felici e con il volto arrossato dall’alcol, guardano lo spettatore, coinvolgendolo nella loro gioia etilica. In questo caso, come spesso accade con le opere mitologiche del geniale pittore di Siviglia, il dio è rappresentato in modo evidente rispetto agli altri personaggi, con un colore più pallido e luminoso, come irradiante, e senza evidenti segni di ubriachezza.
Caravaggio, d’altra parte, rappresenta il dio con questi segni, con il volto leggermente arrossato e gli occhi socchiusi. In un altro dipinto, porta questa rappresentazione al massimo: si tratta del quadro “Bacco malato”, in cui possiamo vedere il povero dio pallido, con una tonalità quasi verdognola, occhiaie e labbra bianche, vittima della sbronza causata dagli effetti del vino.
Infine, il Bacco di Rubens, che si avvicina di più alla caricatura. Fedele al suo stile, il pittore fiammingo rappresenta il dio sovrappeso, con un sileno alle spalle e una leonessa ai suoi piedi.
A conclusione di tutto ciò, potremmo menzionare il film “Fantasia”, in cui, accompagnando la Pastorale di Beethoven, Disney fa rappresentare Bacco come un dio obeso che cavalca un asino-unicorno. Forse questo è il miglior riassunto di come l’immagine di questa complessa divinità sia rimasta nell’immaginario popolare, dimenticando le antiche rappresentazioni del dio.
In sintesi, Dioniso è uno dei dei più rappresentati nell’arte europea, ma allo stesso tempo è uno dei più fraintesi e maltrattati. È difficile per noi comprendere il significato profondo che aveva nell’antica Grecia, così come quello dei suoi misteri, e la sua immagine è giunta a noi piuttosto distorta. Vale la pena esplorare le antiche leggende e soffermarsi sui vecchi frammenti di ceramica o sulle enigmatiche immagini della Villa dei Misteri, cercando di intuire il significato antico del sacro che vi è nascosto.
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